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Ipoacusia da rumore: quando viene considerata malattia professionale
28 aprile 2017

L’ ipoacusia da rumore è tra i più diffusi tipo di perdita uditiva. Numerosi, infatti, sono i danni per l’udito derivanti da alcune attività lavorative o da determinati stili di vita. Il “rumore” è un elemento costante della nostra esistenza e può comportare rischio per l’udito, per alcune persone anche grave.

Nello specifico, si definisce ipoacusia da rumore o ipoacusia da trauma acustico cronico la perdita/diminuzione dell’udito derivante da una prolungata esposizione a particolari rumori; in genere è simmetrica (riguarda entrambe le orecchie) e la sua evoluzione si arresta quando cessa l’esposizione, ma il danno riscontrato è irreversibile.

In ambito lavorativo, il danno all’udito viene considerato come malattia professionale solo se contratto nell’esercizio ed a causa dello svolgimento di specifiche attività indicate dalla legge, o nell’espletamento di lavorazioni accessorie o complementari a queste, purché svolte nello stesso ambiente (Punto 44, Allegato n. 4 al D.P.R. 9 giugno 1975, n. 482).

Le attività coinvolte sono:

  • lavori dei calderai
  • ribattitura dei bulloni
  • battitura e foratura delle lamiere con punzoni
  • prove dei motori a scoppio
  • produzioni di polveri metalliche con macchine a pestelli
  • condotta di aeromobili
  • fabbricazione di chiodi
  • lavoro di telai
  • taglio di lastre e blocchi di marmo con dischi si acciaio e corona diamantata
  • lavorazioni eseguite con utensili ad aria compressa
  • lavorazioni di produzione degli acciai ai forni ad arco e ad induzione
  • lavorazione con impiego di seghe per metalli
  • prova di dispositivi di segnalazione acustica
  • lavorazione meccanica del legno con impiego di seghe circolari, piallatrici
  • fucinatura nelle fonderie
  • fabbricazione delle falci
  • lavori in galleria con mezzi meccanici ad aria compressa
  • lavori svolti all’interno delle navi (rottura delle lamiere, battitura, verniciatura)
  • tranciatura dei metalli
  • lavori di spray con torce al plasma
  • prova delle armi da fuoco automatiche
  • prova dei motori a reazione.

Affinché il danno all’udito possa considerarsi malattia professionale deve comportare una apprezzabile diminuzione della capacità uditiva. (Art. 78, comma 30, D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.)

Il danno all’udito deve essere accertato presso il Servizio di Igiene e Sicurezza del Lavoro dell’Asl, oppure a seguito di visita specialistica su indicazione del proprio medico curante. La certificazione deve essere presentata al datore di lavoro entro i 15 giorni dalla visita e sarà compito di quest’ultimo inoltrare la denuncia di malattia professionale all’Inail entro 5 giorni dalla ricezione del primo certificato medico.

In un secondo momento, il lavoratore verrà contattato dall’Inail per effettuare la visita e dovrà presentare:

  • libretto di lavoro,
  • documentazione sanitaria inerente la patologia denuncia,
  • accertamenti sanitari preventivi e periodici svolti in azienda,
  • eventuali certificati di invalidità riconosciuti giuridicamente.

In caso di dubbi, l’Inail può richiedere ulteriori accertamenti sanitari dell’ ipoacusia da rumore.

Il lavoratore può presentare opposizione contro le decisioni assunte dall’Inail e tale opposizione deve contenere:

  • i dati anagrafici;
  • il riferimento all’evento (numero del caso, data dell’infortunio, data del provvedimento);
  • le motivazioni a sostegno dell’opposizione, allegando il certificato medico dal quale emergano gli elementi giustificativi della domanda.

Il procedimento in opposizione si considera concluso nel termine di 150 giorni (120 per le revisioni).

Il lavoratore può farsi assistere nell’opposizione da un avvocato o dal CAF. Nel caso in cui l’istanza sia stata rigettata o, se l’esito non risulti essere soddisfacente, il lavoratore può presentare con la necessaria assistenza di un avvocato, ricorso giudiziale presso il Tribunale del lavoro. Il termine di prescrizione per il ricorso giudiziale è di tre anni e 150 giorni (210 per le revisioni) e decorre dal giorno dell’infortunio. ( Cass., sent.  n. 2285/13 del 31.01.2013.)

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